Il lavoro nobilita l'uomo.

(e accorcia le sue probabilità di sopravvivere)

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. endorphine
     
    .

    User deleted


    alice ✗ scheda
    gif


    Le riusciva proprio difficile abituarsi a questa cosa dei treni vecchio stile. Per dirne una: il rumore assordante di ferraglia in movimento. L'epitome di tutto il pacchetto, insomma. Alice aveva trascorso una buona mezz'ora parcheggiata su uno di questi sedili, rivestiti un tempo di una spugna rossa probabilmente considerata raffinata. Tutto quello che restava di quel simpatico materiale era la puzza di fin troppi passeggeri, e di un design ormai datato. E, oh, delle stupide scritte fatte con pennarelli indelebili, corredate da gomme da masticare ... err, masticate, attaccate un po' ovunque, come elementi decorativi perfettamente accettabili.

    Tuttavia, adesso non era più nel vagone di un treno. Intorno a lei c'erano sgabelli, tavoli dalla superficie logora, fasci di luce artificiale soffocati dal fumo di sigarette, e una consistente quantità di individui, tutti molti diversi tra loro.
    Cosa ci faceva lei lì? Lavoro, ovviamente. Ultimamente gli sembrava di dedicarsi unicamente a quello. E gli incarichi diventavano sempre più strani, poi; ci fosse stato un giorno - uno solo - in cui si fosse applicata in cose che rispettassero gli anni che aveva passato a studiare sui libri dell'università. Una volta l'avevano spedita in piazza a vendere prototipi di contraccetivi; un'altra volta era finita in un locale, ed è meglio non parlare di come ne era uscita.
    Apparentemente adesso si trattava di entrare in casa dei demoni, dalla porta principale, ucciderne qualcuno e tornare in ufficio a fare rapporto. Una robetta rapida, praticamente: ordinaria amministrazione per una ragazza di ventiquattro anni che aveva studiato per diventare una ricercatrice.

    Decise di ordinare qualcosa da bere, prima che cominciasse ad avere monologhi sarcastici con se stessa. Era fisicamente demotivante. Ciò su cui si sarebbe dovuta concentrare era il trovare qualcuno che fosse apparentemente in gamba, e non troppo inquietante. Non aveva la benché minima intenzione di avventurarsi nel Tartarus da sola, armata unicamente di un coltellino patetico e di un chip che non aveva ancora avuto modo di sperimentare completamente.
    Si guardò intorno, occhieggiando un po' i vari bicchieri sparsi sul banco del bar. Non si sentiva granché fantasiosa, e si sarebbe limitata ad emulare quella classica scena da film, in cui il protagonista ordina al barista lo stesso drink preso dal consumatore più sfatto del bar. Nel caso di Alice, c'era un uomo sulla cinquantina addossato alla parete, che sembrava esser stato tramortito da una mandria di rinoceronti.
    « Prendo quello che ha preso lui. » accompagnò le proprie parole con un gesto sbrigativo della mano destra, andando ad indicare con l'indice il bicchiere piazzato davanti all'uomo precedentemente citato.


    Edited by endorphine - 22/9/2012, 18:51
     
    Top
    .
  2. Crane
     
    .

    User deleted


    DamonK



    Damon. Buon risultato, almeno il suo nome se lo ricordava. Molto più di quanto ci si potesse aspettare, ma in fondo disintossicarsi serve a questo, no? Essere sobri, ricordarsi il proprio nome. Stronzate.
    Sotto una mano il bancone ruvido, appiccicoso di chissà quale sostanza alcolica, o fluido corporeo, lasciato da avventori così sbronzi da sapere a malapena di esistere. In fondo è un locale per cacciatori del Tartarus, non certo il posto più allegro della Terra (e possibilmente nemmeno del resto del Sistema Solare).
    Nell'altra mano, la destra, un bicchiere basso, largo, contenente whisky. Non male, per un alcolizzato in riabilitazione, eh? Di qualcosa bisogna pur morire, in fondo.
    Lo sguardo vagò dal bancone al bicchiere, spento, più scazzato in realtà. Come ci sono finito in questo angolo sperduto?. Esatto, come?

    «Lei mi deve ascoltare! Stiamo parlando di mio nipote. Voleva ... non lo so, voleva fare qualcosa e si è diretto alla stazione. L'ultima notizia che ho di lui è dal Last Stand, sa, quel postaccio orribile, pieno di drogati e fuorilegge. E immigrati. Ah, ormai arrivano da tutte le parti, quegli immigrati. Tutti a Toronto. Rispediamoli a casa, dico io!». Erano queste le parole di quella signora sulla sessantina. Era interessante come la pappagorgia traballasse ad ogni sua parola. Un incarico semplice: trova il nipotino che si è improvvisato cacciatore di demoni. Idiota. Per quanto ne sapevano, il nipotino adorato dovrebbe essere già morto stecchito. Il flashback si fermò. Un nuovo visitatore.

    Si girò a guardarla. Non era certo il primo essere umano che ti aspetteresti di vedere in quel posto. Lui, lui lo era. Con quel trench marrone sgualcito, i capelli scombinati e la barba sfatta. E le occhiaie. Dio, le occhiaie. Due solchi viola, tendenti ormai al nero, praticamente il punto più scuro della sua carnagione. Sembrava lo avessero preso a cazzotti per due settimane intere. Ogni giorno. Invece no, solo la sua abituale mancanza di sonno, sacrificata in favore di bar, alcolici e sigarette. Come quella che teneva in bocca in quel momento. Già fumata a metà, con la cenere che cadeva in giro.

    CITAZIONE
    « Prendo quello che ha preso lui. »

    Controllò chi fosse il lui. «Non lo fare. E' lì così da due giorni. Se non hai tempo da perdere, te lo sconsiglio». E se Alice fa la parte del protagonista, lui probabilmente è la spalla, di quelle che conoscono già il posto, sanno chi evitare e chi no, quelle che girano con una pistola da venticinque centimetri in una tasca interna del trench, che racconteranno una storia strappalacrime, commuovendo tutto il pubblico. Clap clap, applausi. La fine della spalla? Muore a metà del film, in maniera anche abbastanza stupida, ma estremamente commovente. Lacrime. Altri applausi.
     
    Top
    .
1 replies since 5/8/2012, 20:36   95 views
  Share  
.