Incarico - Il Pendente

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  1. Okami
     
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    Shana Okami

    La villa era spettacolare vista da fuori ... una casa che alla figura in attesa poco distante da essa sembrava grande e maestosa.
    Era sobria, con pareti scrupolosamente dipinte di un grigio chiaro e metallico e finestre chiuse che risplendevano alla luce del sole. Un grande cancello circondava la villa e a fianco dell'ingresso due grosse statue raffiguranti leoni sembravano quasi sorvegliare l'intero luogo con il loro sguardo di pietra.
    Shana osservava il posto con curiosità ma anche con circospezione.
    Era iniziato tutto qualche mese prima ... Shana era stata sempre sola al mondo, anche da bambina aveva imparato a cavarsela da sola, a procurarsi da mangiare con dei furtarelli occasionali di cibo e denaro. Ma poi era cresciuta.
    Insomma, aveva diciotto anni, ormai ... non poteva mantenersi come una ladra. Era una mutante, e aveva un demone dalla sua parte ... aveva discrete conoscenze di informatica e usava almeno decentemente alcuni tipi di armi.
    Così aveva deciso di farlo ... si era avventurata nei quartieri più bassi e malfamati, aveva incominciato a lavorare come una mercenaria. Beh, non poteva definirsi proprio così ... erano incarichi poco seri, quasi assurdi, quelli che riceveva.
    Risolvere dei torti presenti in una famiglia, fare la guardia ad un oggetto o ad un carico di merce, ritrovare un oggetto scomparso ... non le era mai stato chiesto di lottare contro qualcuno o di compiere missioni troppo pericolose.
    Si era abituata a fare di tutto, senza lamentarsi, consapevole di avere poca fama per aspirare ad altro. Eppure, quasi una settimana prima, aveva ricevuto quell'incarico.
    Non aveva ricevuto come al solito una persona che si lamentava con lei dei suoi problemi e le affibbiava qualcosa da fare per qualche spicciolo ... aveva ricevuto una lettera, consegnata con scrupolo da un giovane uomo vestito in modo impeccabile che aveva tutta l'aria di essere un fedele maggiordomo. E così aveva capito di avere a che fare con qualcuno per cui i soldi non erano un problema ... un riccone, o una persona abbiente.
    Sulla lettera c'era scritto solo un indirizzo, una data e un'indicazione: Brucia questo foglio quando hai finito.
    Lei aveva seguito le istruzioni meticolosamente. Aveva memorizzato l'indirizzo -era stato facile, era diventata pratica da quando aveva iniziato a muoversi da sola in città, senza contare che Mephisto l'avrebbe potuta guidare nel caso si fosse perduta- e nel giorno stabilito aveva percorso le stradine nell'ombra, scivolando silenziosamente di vicolo in vicolo come un animale selvatico abituato a schivare i contatti con gli esseri umani.
    Beh, in realtà lei era effettivamente abituata a non stare mai troppo a contatto con gli esseri umani, perchè lei stessa non era propriamente un essere umano puro, essendo una mutante. Ovviamente, lei non lo andava di certo a spifferare ai quattro venti e cercava sempre di farsi passare ... come una di loro.
    Però aveva alcune caratteristiche che non ispiravano di certo simpatia ... il suo aspetto era chiaramente selvatico ed animalesco e i più guardavano con sospetto a quella strana ragazza che sembrava non avere nè un passato nè una famiglia. A lei andava bene ... non le piaceva la compagnia e neppure essere compresa.
    Sapeva bene di non potere essere compresa. Forse neppure lei stessa riusciva a comprendersi.
    Si limitava ad andare avanti ... finchè c'era lavoro da svolgere per lei, il resto non era un problema. Doveva solo sopravvivere e aspettare di cogliere qualche buona occasione, tutto qui. E lo stava facendo, quel giorno.
    Fissò ancora la villa, indecisa se entrare o no, chiedendosi mentalmente se avesse sbagliato per caso indirizzo, o se avesse male interpretato il senso del biglietto. Lanciò un basso sguardo alla propria ombra, che scivolava sul muro ogni volta che si muoveva.
    Aggrottò piano le sopracciglia quando l'ombra ebbe una specie di impercettibile tremore. Mephisto.
    Evidentemente le stava consigliando di darsi una mossa ... non era prudente sostare in un quartiere abbiente in cui i ricchi signori che vi abitavano erano abituati ad uscire e passeggiare senza aspettarsi stranezze o anomalie.
    Così sospirando, si decise. Mosse dei rapidi passi, cercando di fare meno rumore possibile e si avvicinò al recinto. Avrebbe preferito sgusciare nella proprietà in modo silenzioso, ma sarebbe stato un errore credere di poterlo fare in quel caso: la villa sembrava calma e silenziosa, ma era sicuramente protetta da qualche speciale sistema di allarme contro i furti. Se eri un uomo ricco a certe cose dovevi pensarci.
    Suonò il campanello e le rispose la voce dello stesso uomo che le aveva consegnato il foglio con l'indirizzo. Il maggiordomo le aprì la porta e le fece anche strada verso il grande salone, mentre lei lo seguiva circospetta, guardandosi intorno. La casa era ancora più ampollosa vista da dentro ... i corridoi erano riccamente decorati, i mobili erano di fattura mirabile e sulle pareti si potevano notare dipinti di una bellezza mozzafiato.
    Un quadro grandissimo, che rappresentava il cielo illuminato dall'alba, era il più bello di tutti, e Shana gli lanciò più di un'occhiata, chiedendosi mentalmente quanto potesse valere. Eh si, vecchio istinto da ladra, che si affrettò a sopprimere.
    Socchiuse gli occhi, seguendo il maggiordomo senza fissare nulla troppo a lungo e alla fine, dopo avere percorso almeno tre corridoi, si ritrovarono in una sala ampia, colma di antichi pezzi di mobilio, ma anche di strumenti all'avanguardia e di oggetti bizzarri deposti in strane teche. Attorno a queste c'erano diverse poltroncine dall'aspetto comodo e in piedi, al centro esatto della sala, c'era un uomo grassoccio che si reggeva elegantemente ad un bastone da passeggio.
    Era poco più alto di lei, con corti capelli grigi tirati all'indietro e il volto curato e ben rasato. Aveva occhi grigi, attenti e vispi nonostante l'età -Shana pensò che potesse avere una settantina di anni- e indossava un elegante completo bianco, con tanto di cravatta e guanti. Sembrava uno di quei nobili cavalieri medievali, appena uscito da un libro di storia.
    Il gentiluomo non disse nulla, ma le fece cenno di sedersi. Lei lo fece, e si sentì subito impacciata su una di quelle morbide e comode poltrone. Subito l'uomo si sedette, con elegante lentezza, sulla poltroncina di fronte a lei, abbracciando con lo sguardo l'intera sala, anche se i suoi occhi si soffermarono in particolare su una teca, alla sua destra. Vuota.
    «Sono lieto di vedere che lei ha deciso di accettare il mio invito, signorina.» le disse l'uomo, dopo avere congedato con un breve cenno della mano il maggiordomo.
    «Sarò chiaro e preciso, senza dilungarmi troppo. Un mio vecchio socio d'affari, Mark Anderson, mi ha sottratto un oggetto di grande valore che mi piacerebbe riavere indietro...» disse, interrompendosi per fare una pausa ad effetto, con le mani intrecciate in grembo.
    Shana attendeva paziente. Erano storie che aveva già sentito da altri clienti. Nulla di nuovo.
    «Inizialmente aveva sostenuto di volere comprare il suddetto oggetto, e mi aveva fatto una buona offerta. Ovviamente accettai ... mi chiese di potere vedere l'oggetto e lo accolsi in casa mia da amico ...» la sua voce iniziava ad incrinarsi e le sue gote si erano colorate di un leggero rosa chiaro. Era chiaramente contrariato e furioso per quel furto.
    «... ma temo che queste frequenti "visite" in casa mia per verificare le condizioni dell'oggetto servissero solo a fargli avere un'idea della struttura interna di questa casa, temo. Una settimana dopo le sue visite, l'oggetto è sparito. Il sistema di allarme non è scattato ... forse Mark aveva un complice, ma non posso esserne sicuro. Ad ogni modo, avrai senza dubbio capito perchè ti ho mandata a chiamare ...»
    Lei semplicemente annuì «Vuole che io recuperi questo oggetto.» sorrise in modo furbo, ma senza emozione «E vuole che lo recuperi con la massima discrezione possibile.»
    «Esattamente. Anderson non deve sospettare nulla, oppure sono sicuro che troverà il modo di sparire nel nulla con la mia proprietà in mano. E ovviamente, se è vero che Mark ha un complice, le servirà aiuto, signorina Shana ...»
    Lei avrebbe voluto replicare che non aveva bisogno di nessuno. Aveva capito dalle parole dell'uomo che non avrebbe lavorato sola, e la cosa la infastidiva. Ma non disse nulla. Il lavoro era lavoro, e lei non aveva voce in capitolo: doveva limitarsi a seguire gli ordini, tutto qui.
    L'uomo la guardò sorridendo piano, e annuì «... si, sarete in due ... dovrebbe arrivare fra poco. Ad ogni modo ... »
    Schioccò le dita e il maggiordomo tornò nella sala, portando un vassoio argentato su cui giacevano diversi fogli di carta, ordinatamente disposte in buste bianche anonime. Si avvicinò a Shana porgendole il vassoio.
    La ragazza sentì il forte odore di colonia dell'uomo e si trattenne dal fare una smorfia: ai suoi sensi sviluppati quell'odore giungeva pungente e fastidioso. Prese i fogli senza battere ciglio, ma non li aprì. Guardò l'uomo.
    «Li leggerà non appena sarà uscita di qui, possibilmente in un luogo tranquillo, assieme al suo compagno. Sono informazioni. Tutto ciò che c'è da sapere su Anderson. Abitazione, professione, tutto ciò che mi è stato possibile trovare che conoscevo di lui. Ora, parliamo dell'oggetto rubato ... Si tratta di un importantissimo reperto, trovato nella Torre -ne avrai sicuramente sentito parlare- e conquistato con estrema difficoltà.»
    Lei si fece più attenta, ma il suo volto non tradì alcuna emozione.
    «Un pendente, a forma di serpente, che racchiude una gemma rossa dal valore inestimabile. Non si preoccupi, sarete debitamente ricompensati per questo. Sui fogli che lei ha ricevuto, ci sono informazioni anche circa questo oggetto ... si ricordi la regola. Memorizzi le informazioni, poi distrugga i fogli.»
    Lei annuì semplicemente, e la sala si fece d'improvviso silenziosa. Era chiaro: stavano aspettando tutti il misterioso compagno (o compagna) con cui Shana avrebbe dovuto lavorare. Poi il lavoro sarebbe iniziato.
     
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  2. Mind Flow
     
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    Per il lungo corridoio che conduce alla sala dove si trovano i due echeggia una serie di passi, regolari e cadenzati, in avvicinamento.

    Tap, tap, tap, tap.


    Nell'atmosfera di silenzio che aleggia per l'edificio suonano come una fanfara trionfale, voluta per accogliere l'altro, gradito ospite.

    Il maggiordomo distoglie lo sguardo da loro e si volta a fissare la sorgente del suono.
    Esegue un leggero ed elegante inchino, frutto di anni di pratica, e le rivolge un'espressione di cortesia standard.

    Un individuo che avanza calmo e sicuro, le pupille coperte da occhiali da aviatore, a montatura e lenti nere, fissi sul galantuomo dall'altra parte della sala.
    Veste un cappotto impermeabile nero, circondato da una lunga sciarpa bianca; sotto, una camicia del medesimo colore, ed una cravatta rossa. Cintura, pantaloni e scarpe sono tutti nero scuro e finiture argento.
    La testa, scoperta, mostra una chioma castano-rosso scuro; il volto, invece, lineamenti femminili, leggeri ed affascinanti.

    «Signorina Thompson...», dice in tono deferente, tornando alla posizione originaria, non prima d'aver fatto segno d'accomodarsi.
    La "signorina Thompson" procede senza far complimenti, appoggiandosi prima allo schienale dell'opulenta poltrona imbottita e poi sedendosi sopra uno dei suoi braccioli, accavallando le gambe soddisfatta.
    Sorride ad entrambi.

    «'Sera.»

     
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  3. Okami
     
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    Rumore di passi. Passi quasi felpati, non frettolosi.
    Shana inclina leggermente la testa, dimenticandosi per un attimo le buone maniere -non che questo fosse un suo problema, visto il modo in cui era sempre vissuta e cresciuta- ascoltando, annusando l'aria con curiosa circospezione.
    Il suo volto impassibile diventa per un brevissimo attimo curioso ed indagatore, per poi ricoprirsi di nuovo di quella maschera di freddezza che tanto le si addiceva. Ma se il gentiluomo -di cui Shana neppure conosceva il nome e il cognome, visto che non l'aveva neppure chiesto e visto che quello era un dato non importante- sembrava sopportare con pazienza il carattere selvaggio della mercenaria, con una sorta di noncurante rassegnazione, il maggiordomo le scoccava più di una volta occhiatacce, come se non riuscisse a trovare una collocazione precisa, in quella stanza, alla figura della ragazza mutante che fingeva di essere un'umana come tante altre, solo con il bagaglio di un passato inesistente alle spalle.
    I passi erano vicini, e la ragazza percepì un odore diverso da quello di colonia e mobilia spolverata che aleggiava nella stanza. Un odore pungente, ma leggero, che non riuscì ad identificare. Forse l'odore di qualche profumo delicato, o della consistenza di determinati vestiti.
    Shana, che era abituata a studiare tutti quelli con cui aveva a che fare attraverso piccoli dettagli, incluso l'odore, si sentì indispettita dal fatto che non riuscisse ad identificarne uno. Si disse che non era importante in fondo. Le bastava compiere quela lavoro cercando nè di ostacolare nè di essere ostacolata dal suo compagno o compagna.
    E, ovviamente, si sarebbe assicurata che il suddetto o la suddetta non scappasse via con tutto il bottino una volta terminato quel lavoro. Ecco perchè non lavorava mai troppo spesso in coppia. Non si fidava molto volentieri degli altri.
    Ma a quanto pareva, quella volta era necessario fare gioco di squadra.
    Si sentì sollevata quando nella stanza fece il suo ingresso una ragazza dai capelli fulvi, vestita con un'impermeabile nero. Era giovane, ma dimostrava una serietà ferrea. Doveva sapere quello che faceva.
    Shana si sentì tranquillizzata: non aveva a che fare con un'incompetente. Anzi, a dirla tutta forse l'incompetente era proprio lei, Shana, che si limitava ad eseguire i lavori che le venivano affidati, ma che non si preoccupava di scavare a fondo nei suoi ricordi o di informarsi meglio del mondo che la circondava e in cui si sentiva ancora un pesce fuor d'acqua.
    Il gentiluomo salutò la ragazza come signorina Thompson e la ragazza ricambiò un saluto con un breve inchino appena accennato. Shana notò che il maggiordomo sembrava visibilmente rilassato, finalmente che ora in casa c'era qualcun'altro che non sembrava appena uscito fuori da una giungla ...
    «Bene, ora che siete qui entrambe, potete cominciare a lavorare indisturbate. Come stavo dicendo alla sua collega, il vostro compito è il recupero di un prezioso oggetto dalle grinfie di un mio vecchio socio d'affari, che si è rivelato essere null'altro che uno spregevole ladro ...» riprese il gentiluomo, sfiorando con due dita il suo bastone da passeggio «Nei documenti che le ho consegnato si trovano tutte le informazioni di cui avete bisogno. Potete andare ... e non credo ci sia bisogno di augurarvi buona fortuna ...» e il vecchio sorrise, mostrando i denti bianchissimi.
    Poi fece un cenno al maggiordomo, che fece un breve inchino e con un secco gesto fece capire alle due ragazze di essere state congedate. Le invitò a seguirlo con un altro cenno e Shana si affrettò ad alzarsi e a seguirlo, senza neppure salutare il vecchio gentiluomo. Le buone maniere non facevano per lei, nè le interessavano ...
    Shana non si preoccupò di controllare che la sua collega la seguisse e percorse un lungo corridoio. Il maggiordomo le scortò ad un'uscita sul retro, aprì la porta e attese che le due la varcassero.
    Shana uscì, accogliendo con un sospiro sollevato la sensazione dell'aria fresca sulla pelle, e quasi non udì il lieve suono dell'uscio che si chiudeva alle sue spalle. Si voltò invece verso la collega, riponendo i documenti in una delle tasche interne della sua lunga giacca scura.
    Sorrise alla sua collega, decidendo che essere gentile era il minimo che potesse fare. Era consapevole del fatto che il suo aspetto -e soprattutto quei dannati occhi rossi e l'aria trasandata- non contribuivano a farla sembrare una persona affidabile. In realtà Shana era estremamente leale verso chi era leale a propria volta.
    «Non se la passa male, quest'uomo. Quel pendente deve avere un valore che va aldilà del valore commerciale ...» disse piano, come se volesse iniziare una discussione. Poi scosse le spalle leggermente e fece un cenno alla ragazza.
    «Seguimi. Conosco un posto tranquillo in cui possiamo discutere il da farsi e leggere queste carte prima di agire.» continuò con tranquillità, ma pronunciando le parole in un moderato sussurro, e senza aspettare risposta, avanzò in un vicolo poco frequentato, che costeggiava quello che un tempo era un boschetto, e che ora faceva parte di un'altra grossa villa, appartenente ad un appassionato di fauna esotica.
    Camminò per forse cinque minuti, in vicoli che si facevano sempre più bui e stretti, e in cui non incrociarono proprio nessuno. Alla fine, la mutante di fermò in un grande spiazzo, sul quale sorgeva una casa abbandonata, piccola e dall'aspetto vecchio e povero.
    La porta era sprangata con assi di legno, ma sotto una trave che sembrava inchiodata ma non lo era c'era un'apertura abbastanza ampia perchè vi entrasse una persona. Shana vi si insinuò agilmente, e si ritrovò in una stanza completamente immersa nell'oscurità.
    Era, quella, una casetta abbandonata che aveva scoperto qualche settimana prima. Un ottimo luogo dove nascondersi o passare la notte se pioveva. Nessuno ci andava, perchè si diceva fosse abitata da fantasmi e demoni. Insensataggini ... quella casa era abitata solo da qualche insetto, nulla di più.
    Shana -che si muoveva senza problemi nel buio- armeggiò con un accendino che aveva in tasca e accese una grossa lampada che si trovava su un tavolino, attorniato da sedie di legno che puzzavano di vecchio e di polvere.
    La mutante si sedette senza tante cerimonie su una sedia ed estrasse le carte, disponendole sul tavolino pieno di buchi. Però non le aprì, attendendo di vedere la reazione della sua collega.
    Voleva capire come questa lavorasse, il suo metodo insomma. Shana non sapeva nulla di quella sconosciuta. Forse aveva più esperienza di lei a giudicare dallo sguardo sicuro che aveva.
    «Ad ogni modo ... io sono Shana. Molto piacere.» disse, chinando brevemente il capo e socchiudendo gli occhi.
    Prima di studiare un piano, doveva studiare come lavorare con quella ragazza.
     
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  4. Mind Flow
     
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    Stira leggermente un angolo della bocca, realizzando che il briefing è finito ancora prima d'essersi potuta mettere comoda.
    Il sorrisetto scompare, di fronte alla candida maestosità di quello del loro datore di lavoro. Annuisce.

    All'inequivocabile gesto del "la porta è di là", districa le gambe, abbandona il proprio trespolo e prende a seguire la ragazzina, il tutto in movimenti rilassati e calmi. Mentre lei è già fuori a godersi l'aria della serata estiva, la signorina Thompson si accompagna al maggiordomo al suo stesso passo, finché non varca anch'essa la soglia.

    «Il principale vi rinnova i propri auguri ed auspica un felice esito dei vostri intenti.»
    «Mm-hm. Molto gentile, grazie», replica in tono indifferente. «Ditegli che ci rivedremo presto.»
    E rivolge all'uomo, insieme al sorrisetto già mostrato prima, un'occhiolino, da dietro le lenti a goccia.

    Attende che se ne vada, prima di girarsi verso la nuova partner in crime.
    Indica con un cenno del capo il palazzo giusto alle loro spalle.

    «Tant'è per la crisi, eh?», commenta con una risatina che si spegne quasi subito.
    «Sì, comunque. C'è gente che ucciderebbe, per qualcosa del genere.»

    Non aggiunge altro, lungo il tortuoso percorso che la giovane le fa percorrere, a parte qualche verso ed uno sbuffo, ogni tanto, addentrandosi con una certa agilità e sicurezza nel dedalo di viottoli e vicoletti, schivando assi pericolanti, pozze d'olio esausto, calcinacci abbattuti - i rottami tipici di uno Sprawl, più che d'un area malfamata del distretto Residenziale - fino alla casa abbandonata dove l'ha condotta. Le lascia fare gli onori di casa, osservandola mentre accende la luce di una lampada e sistema come può gli interni desolatamente poveri.

    Seduta ora su una sedia pericolosamente cigolante, intorno ad un tavolo tarlato, ricambia la presentazione, cercando di fissarla negli occhi rosso fuoco ed allungando la mano destra verso Shana.
    Una mano liscia, pulita e curata, dall'aspetto forte.

    «Andrea Thompson», dice calma. «Prima di parlare di "piacere", che ne dici di parlare di noi?»

    Pronuncia la seconda frase qualche momento dopo la prima, con un sorrisetto enigmatico.
     
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  5. Okami
     
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    La sedia era decisamente scomoda. Un tempo doveva aver avuto un'imbottitura, ma si era persa tra la polvere e il tempo e ora chiunque si sedesse li sopra riceveva come uniche comodità una schiena irrigidita e il posteriore dolorante.
    Ma Shana era abituata a quel luogo. Ci andava spesso, quando aveva voglia di starsene da sola.
    Quando era piccola, fingeva che quella fosse la sua base segreta. Ci si nascondeva dentro quando qualcuno la rincorreva accusandola di avere rubato del cibo o un prezioso prezzo da rivendere.
    E adesso ci andava solo per ripararsi dalla pioggia o dal vento, o per studiare i dettagli di una missione, come in quel caso. Forse perchè abituata a starci sempre sola, ora che aveva compagnia si sentiva un tantino a disagio.
    Ma forse quella sensazione era accentuata dal fatto che lei non aveva mai compagnia.

    Era enigmatica, la ragazza. Sembrava possedere una classe spavalda, sicura, tipico atteggiamento di chi conosce un poco il mondo e sa starvi dentro. Era vestita anche in un modo che agli occhi di Shana sembrava un po bizzarro, ma che aveva in se una certa eleganza. Che la ragazza venisse dai piani alti?
    Beh, non erano fatti suoi. In fondo della ragazza doveva capire solo il metodo di lavoro, tutto qui.
    Si chiamava Andrea, Andrea Thompson. Un nome che già di per se sembrava avere una certa importanza ... ma forse Shana se lo stava solo immaginando. I nomi non avevano un gran peso dalle sue parti ... chiunque poteva inventarsene uno.
    Andrea sembrava sapere il fatto suo. Anche lei mise in chiaro di dovere fare conoscenza. Un tipo di conoscenza precario e sbrigativa -in fondo non si trattava di due vecchie amiche che si mettevano a chiacchierare del più e del meno sorseggiando una tazza di caffè, ma di due vere e proprie mercenarie pronte a compiere un lavoro- ma che avrebbe comunque dato un'idea del loro modo di agire. Shana si trovò subito d'accordo e annuì brevemente.
    «Benissimo. Non ho molto di cui parlare, per quanto riguarda me stessa. Posso solo presentarti il modo in cui agisco e mi muovo.» abbassò leggermente la testa sulle sue mani intrecciate.
    Era vero, non poteva proprio parlare di se. E d'altronde quelle informazioni non servivano. Da dove veniva e chi era ... non avrebbero semplificato il lavoro. Senza contare che non avrebbe potuto rispondere neppure volendo: lei non aveva un passato, e non sapeva neppure da dove veniva. Si era risvegliata senza memoria molti anni prima, nei pressi di Toronto, ma non aveva mai appurato che quella fosse proprio la sua città natale.
    Certo, il giorno dopo aveva scoperto che Mephisto la seguiva. Il demone le aveva spiegato semplicemente che la seguiva da sempre per contratto, ma non le aveva dato altre informazioni utili. Non era una creatura loquace, e non si manifestava spesso. Sembrava quasi non che lui fosse legato a Shana da un contratto, ma che fosse il contrario, perchè era il demone che decideva quando e se manifestarsi, se parlare o se agire. Shana aveva così ben presto finito di considerarlo un servo, e aveva preso a vederlo come uno strano ma sincero amico.
    «Innanzitutto, io non mi faccio mai vedere. E non lascio tracce; mai lasciato qualcosa di mio indietro. D'altronde anche il nostro nobile committente ci ha candidamente consigliato di rimanere due ombre. » fece una pausa, senza distogliere lo sguardo «Non ferisco mai un obiettivo. Mai. Un oggetto che scompare ... potrebbe essere stato chiunque a rubarlo, persino un cane. Al giorno d'oggi, con le analisi da una ferita si potrebbe trovare di tutto ... meglio non rischiare. Inoltre, prima di agire, studio il bersaglio. Sono sicura che il nostro caro obiettivo ...» proseguì con un basso tono moderato -dire nomi quando non necessario era stupido, ecco un'altra delle sue regole- «... possiede molti altri begli oggetti ... quindi forse dovremo portargli via qualcos'altro, per far credere che sia stato uno o più ladri interessati solo a rivendere la merce rubata per profitto.»
    Non che le dispiacesse. Le era capitato molte volte di dovere prendere più dell'oggetto-bersaglio per confondere le tracce. In questi casi, le era permesso tenere gli extra.
    Conosceva un buon mercante, discreto e affidabile, che prendeva volentieri oggetti d'oro dando in cambio contanti sonanti. Fondeva gli oggetti acquisiti e dava loro altra forma, per poi rivenderli al mercato nero. Un'altro ottimo modo per confondere le tracce e assicurarsi contanti pronti.
    Va bene, adesso veniva la parte più difficile. Shana sospirò leggermente, ma la sua espressione non mutò.
    «Diventerà chiaro durante il lavoro. Sono una mutante. Non ho particolarità mostruose o voglia di mangiare carne umana. Non sono pericolosa per te.» disse con tono lievemente divertito, facendo un breve cenno di noncuranza con la mano.
    Sapeva che a molti davano fastidio, quelli come lei. Ma la sua temporanea complice non doveva essere una di quelli ... non se era una mercenaria. I mercenari erano abituati a vedere di tutto, a trattare con chiunque.

     
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  6. Mind Flow
     
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    Incrocia le braccia sul petto e prende a dondolarsi, spingendosi con la gamba sinistra, sulla seggiola, che geme disperata ad ogni suo movimento.

    «C'è sempre qualcosa da dire di sé», annota accompagnandosi con un gesto della mano, a dire di proseguire pure. Lo sguardo vaga brevemente per la spoglia stanza.

    Quando comincia a parlare, il dondolìo cessa. Andrea annuisce con un impercettibile cenno del capo, mentre tiene la sedia ferma sulle due gambe posteriori: gambe che toccano terra e scivolano sotto il tavolo, dopo la pausa di Shana.
    Si spinge in avanti, fissandola intensamente attraverso gli occhiali da aviatore.
    L'espressione si fa seria, il sorrisetto scompare. Nessuna emozione visibile attraverso i lineamenti.

    «Mm-hm», mugola in risposta all'osservazione sulle analisi delle ferite.
    Dà un altro cenno d'assenso col capo, stavolta chiaramente visibile.

    All'osservazione seguente, risponde con un brillante sorrisetto furbo. Il labbro si solleva a sufficienza da far intravedere i denti dell'arcata superiore, e soprattutto i canini. Normali, perfettamente umani.
    Si dà una spinta all'indietro, provocando l'ennesimo urlo straziante dello sgabello. «Perfetto.»

    Il sorriso rimane saldo sul suo volto anche dopo la rivelazione della ragazza.
    Solleva gli occhiali sulla fronte, mostrando le proprie iridi rosse e le pupille feline, attraversate da un lampo di luce divertita.

    «Nemmeno io», replica nel medesimo tono.
    I canini danno mostra di sé ancora un attimo, prima di ritirarsi.

    Breve pausa.

    «Tocca a me, vero?», domanda.
    E senza attendere risposta, prosegue: «I miei metodi sono tutto sommato simili...»
    La frase rimane in sospeso, mentre affonda le mani dietro la schiena e ne cava lentamente una coppia di revolver gemelli.
    Le canne rimangono rivolte verso il soffitto, le armi sono impugnate all'altezza del proprio collo.
    «... Eccetto queste calibro .44.»

    Le dedica un'occhiolino scherzoso. «Meglio non rischiare, no?»

    Qualche momento dopo, le pistole sono prontamente rinfoderate, le lenti oscurate calate sugli occhi, tutte e quattro le gambe della sedia toccano il pavimento e le braccia di Andrea sono sul tavolo.

    «Credo che siamo a posto, qui. Allora, qual è il piano, Shana? Mostra le carte.»


    Edited by Mind Flow - 15/7/2012, 08:42
     
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  7. Okami
     
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    CITAZIONE
    «C'è sempre qualcosa da dire di sé»

    Shana stavolta non commentò, ma fece un breve sorriso enigmatico.
    No, non se non ti ricordavi una mazza di quello che eri stata e continui ad essere, riflettè brevemente Shana tornando seria. Ma in fondo, non era il suo passato ciò che faceva di lei quello che era, giusto? Era il suo modo di agire ... anche se avesse ricordato il suo passato, credeva fermamente che nulla sarebbe potuto cambiare nel suo stile di vita, nei suoi atteggiamenti, nel suo carattere ...
    Lei era sempre lei, Shana. Indipendentemente da quei fiochi e sbiaditi ricordi che mai poteva capire, e che poteva solo intravedere nei suoi sogni. Ma quei pensieri erano inutili ... specie in quel momento!
    " Concentrati sulla missione. La missione. " si ripetè quasi a cantilena per trenta interi secondi.
    Rimase invece decisamente sorpresa quando Andrea manifestò chiaramente di non essere affatto impensierita da cosa era Shana. La sua collega aveva occhi brillanti, dalle iridi rosse accese, un po come le sue, osservò Shana quando potè guardare oltre le lenti dei suoi occhialini.
    Dopo quell'attimo di stupore, Shana fece un leggero sorriso, insieme ad un breve cenno noncurante con la mano, cosa che indicava che le loro rispettive caratteristiche non sarebbero state causa di disagi o problemi per loro o per l'esito della loro missione.
    Ma ora si sentiva chiaramente più a suo agio in compagnia di quella strana ragazza, che però sembrava ispirarle fiducia. Non per questo si fidava di lei ... sapeva bene quanto era facile, in quel mondo, tradire e voltare le spalle, agendo per i propri interessi. Lei stessa sapeva di potere dimostrare un carattere simile in determinate occasioni.
    Per lei, ogni singolo essere umano o mutante era egoista per natura, e sempre per natura cercava di primeggiare, di accaparrarsi sempre una fetta più grande di torta. Nessuno avrebbe esitato ad uccidere anche il proprio migliore amico, per anteporre ad esso la propria sopravvivenza. Eh, istinto di autoconservazione ...
    Shana smise di lasciare che la mente vagasse tra futili pensieri quando Andrea tirò fuori, chissà da dove, due maglifici esemplari di revolver. La mutante sorrise leggermente e annuì, un gesto rapido di approvazione.
    Anche lei aveva un'arma da tiro, una Redhawk da cui difficilmente si separava. Ed infatti la aveva con se, alla cintola, ben nascosta ovviamente, e con la sicura. Ma non l'avrebbe usata. Era un'arma decisamente rumorosa a volte.
    Poi a giudicare da come ne aveva parlato il loro nobile committente, Anderson non sembrava essere un di quegli individui abituati alla dura vita. Era un uomo abbiente, magari rubava ogni tanto, beveva e giocava d'azzardo. Di certo non era il tipo che sapeva risolvere le questioni con i pugni o la forza ... probabilmente era il genere di persona che risolveva i propri problemi con l'ausilio del denaro ....
    Finiti i convenevoli, Andrea chiese subito le dovute informazioni.
    Shana annuì brevemente e con mano abile e rapida prese le carte. Erano due grosse buste bianche sigillate in modo pressochè perfetto. Nessuna scritta, nessun marchio nè timbri che potessero dare qualche idea del loro contenuto.
    Sembravano quelle tipiche e anonime buste da corriere in cui imballavano e spedivano parti di cyborg difettosi o prodotti per la casa. Shana ne aprì piano una a casaccio e tirò fuori dei documenti.
    Erano un paio numeroso di fogli, con sopra quelli che sembravano essere disegni e schemi vari. Un foglio invece era bianco, con delle scritte a caratteri minuscoli. Shana prese delicatamente il foglio tra due dita e ci diede uno sguardo: indirizzi.
    L'indirizzo di un'abitazione, di un appartamento e di diversi posti in cui sorgevano bar e locali, notturni e diurni. Posti in cui Anderson abitava o era solito frequentare.
    Le ci vollero qualche minuto per memorizzare tutti gli indirizzi. In tutto erano solo cinque o sei, in fondo, e Shana conosceva alcune zone. Non quella residenziale in cui sorgeva la villetta del bersaglio, ma conosceva bene i vicoli oscuri in cui sorgevano bar e negozi in cui si contrabbandavano armi.
    Passò il foglio ad Andrea e prese a scrutare il resto del materiale. Piantine della casa di Anderson ... alcune dettagliate (come la cucina e il salone di ingresso, che forse il loro committente aveva visto come ospite), altre meno dettagliare e con ampi spazi vuoti (il garage, le stanze da letto). Shana ne prese qualcuna per studiarla, senza mai alzare gli occhi dai fogli, mentre attendeva che anche Andrea prendesse parte a quel noioso ma necessario lavoro.
    La seconda cartellina conteneva i dati personali di Anderson. Luogo di nascita, nome dei genitori e di ogni singolo parente (ne aveva in verità molti pochi) con relativo indirizzo, numeri telefonici, club e palestre frequentate, interessi, dati particolari e una sorta di profilo caratteriale appena accennato.
    Anderson era un uomo sulla quarantina, alto circa un metro e sessanta, occhi cerulei e capelli castani, stempiato al centro della testa. Gli piaceva indossare abiti costosi, con tanto di elaborate gravatte, e praticamente nuotava nella colonia.
    Frequentava una palestra e un club di tiro al piattello, lavorava in un'importante industria per la produzione di parti cibernetiche e di organi artificiali e aveva un buon nome sulle spalle. Questo per quanto riguardava il profilo pubblico.
    In realtà alcune voci dicevano che fosse un dongiovanni, che avesse il vizio di bere parecchio e di frequentare luoghi in cui nessun uomo di buon nome dovrebbe mai mettere piede.
    La mutante continuò a leggere interessata, passando i fogli anche ad Andrea mano a mano che andavano avanti.
    Ghignò leggermente. Aveva avuto a che fare con gente simile, ma se il loro committente le aveva affidato una compagna, questo tipo doveva essere più furbo e pericoloso del previsto ...
    Forse contrabbandava armi. Ma allora, se era già ricco di suo, cosa se ne faceva di uno stupido pendente?
    «Questo tipo è davvero strano ... ricco quando basta per vivere. Cosa se ne fa di uno stupido ciondolo? Certo, varrà anche molto ma ... nella casa del nostro committente c'erano pezzi di eguale rarità e valore ... perchè prendere proprio quello lì?» riflettè piano la mutante, senza alzare gli occhi dal foglio.
    «Cosa te ne pare?» chiese poi, dopo qualche minuto, dopo avere schioccato le dita.
    Si stiracchiò leggermente, i muscoli irrigiditi per la scomodità della sedia. Voleva sapere il punto di vista della suo collega, cosa pensava fosse dovuto fare e cosa no. Shana aveva già un'dea in mente. Ma stavolta, non stava lavorando sola.


    Edited by Okami - 15/7/2012, 17:54
     
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  8. Mind Flow
     
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    A mano a mano che Shana scorre il materiale, lei fa lo stesso: attende che abbia finito, si allunga per impossessarsi dei documenti, procede ad esaminarli, li posa di nuovo, passa ad altri.

    Legge piuttosto rapidamente, si porta la mano destra alla bocca, ogni tanto si agita sulla sedia per risistemarsi - incrociare le gambe l'una sotto l'altra, alternativamente - fino ad una spinta decisa all'indietro, con la quale assesta i piedi sull'orlo del tavolo.

    I primi fogli sono macinati in fretta e senza commenti, da parte sua, a parte qualche cenno d'assenso e qualche respiro più profondo del normale; il secondo fascicolo è invece accolto da un gemito ed un'espressione sofferente, ma prende ad analizzarli.
    Le pagine sono sfogliate con gesti nervosi, a tratti le sfugge una risatina, che contiene immediatamente.
    A poco a poco, la gestualità si rilassa, le risate cessano e il plico viene gettato di malagrazia sul tavolo.

    «Hm. È molto, molto più pacchiano del resto?», azzardò come risposta alla domanda, sorridendo.
    Si porta le braccia dietro la testa, intrecciando le mani, a mo' di cuscino. Sospira.
    «Meh. Non saprei.» - breve pausa - «Voglio dire, entrambi i tipi sono schifosamente ricchi. Anderson» - piccola smorfia sul volto, al pronunciarne il nome - «chiaramente non ha bisogno di altro denaro. Sarà che il cash non basta mai...»
    - e solleva la mano destra, sfregandone le dita, come ad agitare un immaginario rotolino di banconote, mostrando il solito sorrisetto - «... ma sì, probabilmente il motivo non è quello. Magari vuole provare qualcosa.»

    Scuote la testa e china il capo. «Non ne ho idea.»
    Contemporaneamente, infila la mano destra in tasca e ne cava un cellulare dall'aspetto piuttosto anonimo.
    Lancia a Shana un'occhiata scaltra, attraverso le lenti. «Ma so chi potrebbe averla.»

    Compone rapidamente un numero, porta il congegno all'orecchio. Attende, dondolandosi sulla sedia.

    «Sì, sono io. Abbiamo... sì. Anderson. No, no, cosa c'entra, secondo te? Psh. Un altro - sì, QUELL'Anderson.» - altra pausa - «Mm-hm.» - espressione lievemente sorpresa - «Ah, anche a te risulta... ma guarda tu.» - sorriso - «Bene, bene. Beh, il tipo ha preso un ciondolo di una tamarraggine unica, un serpente dorato con occhi di rubino. Roba che manco quelle vecchie pellicole... eh, avranno soldi da gettare. Ma dice... il committente, dico, che proviene dalla torre.»
    Ridacchia. «Un gusto mostruoso, sì. Comunque noi... sì. Ecco. Puoi... bravissimo. Sì, sì. Tienimi informata, e tu vedi anche di te- ottima idea. Perfetto. A dopo. Ciao.»

    Chiude il cellulare di scatto e lo intasca; dopo di ché, alza gli occhi sulla ragazza.
    L'espressione comunica trionfo.
    «Il mio contatto ci darà una mano. Sa dov'è ora, al Red Mountain, sai il casinò alla trentasettesima nella Downtown, mezz'ora tre quarti d'ora da qui? Bene, può fare in modo di trattenerlo un po', se dovesse malauguratamente decidere di tornare indietro. Non so bene come, ma mi fido. Non mi ha ancora delusa, finora, e lavoriamo assieme da un bel pezzo.
    Comunque, quel pendente non ha corso legale. Sulla carta nemmeno esiste. Non sa dove sia al momento, ma secondo il nostro facoltoso beniamino è in casa sua.
    Un po' ovvio, ma non credo che, losco quanto vuoi, nasconda roba in magazzini nello Sprawl. Nah, troppo insicuro.
    »

    Stacca d'improvviso le gambe dal tavolo e si rimette in piedi, sistemando cautamente la sedia, che sembra sul punto di cedere di schianto da un momento all'altro e voltandosi verso la porta, che apre con gesto rapido.

    «Cosa penso?», domanda, dandole le spalle.
    Il viso si gira all'indietro, osservandola e lasciando che veda il suo sorriso vampiresco.

    «Che è ora di divertirsi.»

     
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  9. Okami
     
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    La mente di Shana correva mentre, insieme alla sua neo-collega, esplorava, foglio dopo foglio, tutta quella noiosa documentazione sul signor Anderson. Documentazione standard: un tizio a cui piaceva bere e fumare, che giocava d'azzardo ma che aveva tanti, troppi soldi.
    Evidentemente era davvero un furfante coinvolto nel contrabbando di armi o di oggetti proibiti. Che il pendente fosse uno di quei casi? Perchè Shana lo intuiva, quel furto non poteva essere una cosa semplice.
    No, c'era qualcosa di losco, di oscuro, sotto tutta quella faccenda.
    Non ci poteva essere un'altra soluzione, non poteva essere solo il desiderio di un collezionista: il loro committente aveva molti altri oggetti pregiati in casa ... eppure Anderson aveva preso proprio quello. Qualunque cosa stesse architettando quell'uomo, beh, andava assolutamente fermato ...
    Anche Andrea condivideva i suoi sospetti ma, come Shana stessa d'altronde, non aveva prove in mano, nè qualcosa che potesse chiarire maggiormente la situazione. E neppure la documentazione poteva essere d'aiuto su quei sospetti ... se il bastardo era coinvolto in qualcosa, lo aveva nascosto dannatamente bene ...
    Però a quanto pareva Andrea era molto esperta e tirando fuori un apparecchio, si mise subito in contatto con qualcuno, iniziando a parlare fitto fitto, con il tono pratico di qualcuno che sa come fare il proprio mestiere.
    All'improvviso, nonostante la giovane età che Andrea dimostrava, Shana si sentì estremamente più inesperta e pensò che quasi quasi avrebbe potuto imparare qualcosa da quella strana ragazza conosciuta quel mattino. Beh, Andrea sembrava decisamente un tipo piuttosto esperto di mercenario ... si vedeva dai suoi atteggiamenti, da suo modo di agire e di parlare.
    La mutante per un attimo pensò di essere contenta di trovarsi a non essere sua nemica, ma poi scacciò quel pensiero per concentrarsi sulla missione: Andrea aveva riposto l'apparecchio, uno sguardo enigmatico e quasi indecifrabile sul volto.
    La avvisò che il suo contatto sapeva dove si trovasse Anderson in quel momento, e Shana dovette trattenersi dal sollevare un sopracciglio, impressionata. Chiaramente non solo Andrea sapeva il fatto suo, ma lavorava anche con persone competenti.
    " Interessante davvero ... " pensò Shana, e quando la collega la avvisò che era tempo di agire, annuì brevemente.
    La imitò, alzandosi dalla scomoda sedia, ma prima di fare alcunchè, si frugò nelle tasche, estraendo una scatola di fiammiferi. Cosa rara trovare qualcuno che possedesse quegli oggettini, con gli accendini, molto più pratici, in circolazione, ma Shana non era una fumatrice e, forse senza ragione, forse perchè abituata ormai alle vecchie abitudini, si portava dietro quei piccoli e sottili bastoncini lignei.
    Senza chiedere, certa ormai che Andrea avesse, come lei, memorizzato tutto ciò che c'era da memorizzare, sollevò i fogli in un'unico plico, per poi darci fuoco. Osservò la carta consumarsi rapidamente e, assicurandosi che neppure un minimo frammento, distrusse ogni cosa, proprio come il loro committente aveva raccomandato di fare.
    E ora era tempo di agire. Si mise le mani in tasca senza dire nulla e fissò la propria ombra. Questa ebbe un lieve guizzo anormale, ma non successe nient'altro.
    Shana represse comunque un sorrisetto divertito. Sembrava quasi che Mephisto le avesse detto buona fortuna.
    Si strinse impercettibilmente nelle spalle e si voltò verso Andrea.
    «Bene, allora possiamo andare. Hai un piano?» chiese facendo un piccolo ghigno, indirizzando i propri passi verso l'uscita della catapecchia. Lei lo aveva un piano, per la verità: seguire Anderson senza farsi vedere, guardare con i propri occhi cosa faceva e dove andava nella sua giornata-tipo. Se era coinvolto in qualcosa, prima o poi avrebbe fatto un passo falso, e loro sarebbero state la sua invisibile ombra ...
     
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  10. Mind Flow
     
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    Rimane ferma sulla porta, senza muovere un muscolo.

    «Piano?»

    Si volta di tre quarti, in sua direzione. Il sopracciglio destro è inarcato, la mano opposta sul fianco.

    «Andare a casa sua. Il tizio sta gettando soldi fuori dalle balconate finto oro del casinò, tra slot machine truccate e donne vestite da conigliette. Secondo me, e anche secondo il mio contatto, è il tipo di uomo che metterebbe in bella vista la sua roba, solo per potersela tirare.»

    Ruota sui tacchi e torna a girarsi verso la porta, uscendo e facendo cenno di seguirla.

    «Vieni. Ricordo la strada, ne parliamo camminando.»

    Detto questo, comincia ad infilarsi nel dedalo di vicoli e strettoie che le avevano condotte lì, districandocisi agilmente come prima, e riuscendo a non rovinarsi gli abiti. Nel frattempo, espone in tutta tranquillità, grugniti di sforzo a parte nello scavalcare muretti e barriere di vario genere.

    «Tra i documenti del nostro committente c'erano planimetrie e scansione degli orari di attività nella villa. Il secondo era un foglio vuoto: a quanto pare, non c'è nessuno, lì dentro, a parte lui. Quando si parla di paranoia», aggiunge con una nota divertita.
    «Prendendolo per buono, e mi dicono che lo sia, ciò mi significa che la sicurezza è robotica. E di quello mi dicono poco e niente.
    Telecamere ce ne saranno di sicuro, ma non penso che si limiterà a questo. Sto immaginando sentinelle, possibilmente armate.
    »
    Lancia un'occhiata dietro di se, e prosegue.
    «Ci serve un diversivo, ma niente EMP. Tendono ad essere piuttosto facili da rilevare - un buco nero nella griglia energetica della città, sai com'è.» Risatina.
    «Abbiamo visto la planimetria. Ci sono due generatori, uno primario ed uno ausiliario, ai due lati della villa. A giudicare dagli allacciamenti che abbiamo visto, sono camuffati da statue stile postmoderno neovittoriano reinterpretato in chiave egyptian pop art.»
    Rimane in silenzio per una decina di secondi, senza smettere di camminare, poi si volta a guardarla.
    «Ogni tanto leggo riviste», commenta in tono di discolpa. «Comunque ci siamo.»

    Con la mano indica il comuissimo piazzale davanti a sé, lo stesso visitato poco prima.
    Solo una differenza: prima non c'era una moto da corsa cromata nera, priva di contrassegni e dall'aspetto veloce, aggressivo e potente.
    Probabilmente anche poco legale.

    Sorride, passando delicatamente una mano sulla carrozzeria.

    «Il mio mezzo di servizio», spiega strizzando l'occhio. «Prima di andare... l'idea è tirare giù il generatore primario per togliere dalla rete l'edificio ed immediatamente dopo il secondario. Se ci saranno sentinelle robotiche od altro, quella roba consuma. Non dureranno più di 10 minuti senza connessione, penso. Magari meno.»

    Estrae uno dei revolver e, con uno scatto del polso, fa sì che il tamburo si apra, mostrando i proiettili incamerati.

    «Just in case, ho caricato munizioni shock. Non letali, se i bot decidono che vogliono resistere questo li metterà a tacere prima che mettano a tacere noi. Se ci sono persone, avranno più o meno l'effetto di un colpo di taser.»

    Con lo stesso scatto, in direzione opposta, lo richiude e rinfodera l'arma.
    La guarda.

    «Obiezioni? Domande?» - piccola pausa, per lasciarla parlare - «Se non c'è nulla...»
    Lascia la frase in sospeso, dandole le spalle e salendo sulla moto. Si allunga sul telaio, afferrando il manubrio.

    «Monta, ragazza.»


    Al suo tocco di un pulsante, parte la colonna sonora adatta per la serata.
     
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  11. Okami
     
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    Il piano di Andrea era tutto sommato molto semplice. Raggiungere Anderson e sottrargli il pendente era comunque l'obiettivo principale ... sarebbero dovute per forza andare a casa sua, o il loro committente non avrebbe fornito loro anche le piantine e la documentazione dell'edificio ...
    Però c'era qualcosa che tormentava la mente di Shana. Era solo un'ipotesi, e forse non era neppure veritiera, per questo non se la sentì di comunicarla alla sua neo collega.
    Ma, proprio come Andrea aveva detto, se Anderson era un tipo al quale piaceva semplicemente possedere le cose per il puro gusto di averle, per vantarsene ... evidentemente non era un collezionista scrupoloso come il loro committente, era il classico tipo che tiene il denaro ma che preferisce spenderlo o giocarci d'azzardo piuttosto che custodirlo in una polverosa cassaforte. E allora perchè sembrava quasi che ci avesse messo tanto scrupolo ad impossessarsi del pendente?
    Shana poteva sbagliarsi (e solitamente lei non si sbagliava mai) ma Anderson non le sembrava neppure un tipo così intelligente da avere capito l'effettivo valore del pendente che aveva fra le mani ... un oggetto arcano, oscuro, trovato proprio nella tana dei misteriosi demoni apparsi tutto sommato recentemente ...
    Che ci fosse coinvolto anche qualcun altro in tutta quella faccenda? Che Anderson fosse solo una stupida, inutile marionetta? E se si, ancora più importante quesito ... perchè?
    Scosse impercettibilmente la testa: continuando a pensare a tutte quelle cose come minimo le sarebbe venuto un gran mal di testa. Seguì invece Andrea, lo sguardo concentrato, continuando ad ascoltarla in silenzio, memorizzando ogni singola parola che stava dicendo, perchè sapeva che qualunque tipo di informazione sarebbe stata sempre e comunque utile.
    A quanto pareva, Anderson era un donnaiolo, ma non un tipo impegnato. Viveva solo in una villa enorme, protetta da sentinelle e da telecamere, ma quello, a sentire Andrea, non era un problema.
    La sua collega era ben munita di munizioni a carica elettrica ... non letali, ma ottime se si voleva mettere ko qualcuno per un bel po di tempo. Shana sorrise leggermente, mentre osservava divertita una moto incredibilmente fantastica che sostava in un piazzale. Sembrava apparsa dal nulla. Shana era sicurissima che prima non c'era.
    Dovette sbattere energeticamente gli occhi per trattenersi dal guardare Andrea con una certa ammirazione.
    «Uh ... ad ogni modo ...» disse leggermente, abbassando la testa per frugarsi in una delle numerosissime tasche interne della giacca «... le telecamere non dovrebbero davvero essere un problema ... ma se non avremo tempo di disattivarle tutte in un solo colpo ... possiamo sempre usare questi ....» disse, estraendo un oggettino così piccolo sa sembrare un granello di pepe.
    In realtà era meccanico: non appena Shana lo ebbe gettato in alto, questo si aprì diventando una replica quasi perfetta di una mosca. Una mosca tecnologica per l'esattezza. Shana ne possedeva diversi esemplari.
    Cimici. Ottime spie nel caso si volesse sentire una conversazione, e capaci di mandare in tilt qualsiasi dispositivo elettronico debole, perchè ci scavavano un bel buco dentro danneggiando le parti essenziali. L'unico loro problema era il tempo: si surriscaldavano in fretta e andavano in tilt a loro volta, ma una volta fuori uso implodevano per non lasciare traccia.
    Inoltre, erano troppo piccoli e deboli per essere efficienti sugli esseri umani. In caso di sentinelle umane avrebbero potuto fare ben poco ...
    La ragazza si strinse nelle spalle, come a volere dire "Non chiedermi dove li ho presi" e in effetti con il suo modo di fare selvaggio e quasi animalesco non si sarebbe potuto dire che possedesse degli esemplari di cimici così all'avanguardia.
    Infatti non erano suoi. Li aveva rubati. E un suo amico li aveva riprogrammati in modo che obbedissero a lei e che non tornassero dal vecchio proprietario.
    «Mi sembra quadri tutto.» commentò quando Andrea le chiese se aveva domande «E se ci saranno sentinelle umane -cosa che dubito visto il carattere di questo tipo- non credo dovremmo preoccuparcene ... ho qualcuno che può immergere la loro mente in confusi sogni ad occhi aperti, meglio delle droghe ... e dopo, non ricorderebbero nulla.» ridacchiò nervosamente.
    La sua ombra ebbe un breve guizzo e ad un occhio più attento sarebbe potuto sembrare che si fosse sollevata un poco, come in un gesto di approvazione, ma un istante dopo il movimento era già scomparso.
    Shana non disse più nulla, segno che aveva terminato di dire quello che aveva da dire, e seguì Andre verso la moto.
    Conosceva abbastanza bene la zona: per arrivare in fretta nella zona in cui sorgeva la villa di Anderson -aveva ben memorizzato le piantine- avrebbero dovuto attraversare dapprima delle strade poco abitate, quartieri bassi ma non malfamati, dalle case piccole e umili, dai vicoli grigi simili fra loro.
    Poi sarebbero arrivate in strade grigie dagli angoli dipinti di grigio, che sorgevano in zone munite di ampi giardini. Case di persone abbienti ma non ricche, condomini e negozi vari.
    Infine, c'era un quartiere enorme, in cui sorgevano solo tre grosse ville e un negozio di rifornimenti per case. La villa di Anderson era l'ultima, distanziata un po dalle altre, ma vicina ad una grossa strada da cui si poteva raggiungere facilmente uno dei tanti quartieri malfamati che tanto piacevano a uomini loschi e subdoli come lui, probabilmente ...
     
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  12. Mind Flow
     
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    Un debole cenno del capo si collega all'allusione. Andrea rimane a guardarla, dal posto di guida finché non sale dietro di lei.

    «Immagino che non ci sia altro. Ho solo una cosa da dire...»


    Pausa.

    «Tieniti forte!»


    Pausa rotta da un rombo di tuono e da un'accelerazione bruciante. La forza apparente si diverte sui loro corpi, ed in particolare quello della passeggera, spingendoli all'indietro - e il vento non è da meno, scompigliando allegramente capelli e sferzando volti.

    La moto percorre alcuni isolati a guida sportiva ed alta velocità, prima di immettersi nell'arteria principale del distretto residenziale.
    Una lunga strada a corsie multiple, gremita di utilitarie, minicar, monovolume - tutte auto dall'aspetto semplice ed economico - più alcuni SUV particolarmente grandi e rumorosi: ma non abbastanza da sovrastare il clacosonìo spazientito di decine di conducenti qua e là, disseminati nel traffico. Anche dal fondo delle file, dove si trovano, si può udire, con orchestrale acustica, il concerto di BEEP BEEP e PEEEEEEEE. Un solista fa la sua comparsa, sporgendosi dal finestrino del SUV più ingombrante, ed ululando qualcosa che non è in inglese, ma che suonava decisamente come una bestemmia ed un "sto facendo tardi!"
    Il semaforo rosso colpisce ancora, implacabile. E non sembra granché intenzionato a cambiare colore.

    «Psh.»

    Si volta indietro.

    «La 12ma strada, detta anche "Chokepoint", perché nessuno passa di qui senza venire inchiodato che manco un posto di blocco.
    Non so tu, ma io non ho voglia di aspettare
    », aggiunge, con un sorrisetto scaltro.

    Si dà una spinta indietro col piede, guadagnando mezzo metro di spazio rispetto al paraurti della Balkan Varzuga che hanno davanti, tira su il piede e preme sull'acceleratore.
    Un'altra spintonata all'indietro per entrambe, mentre la moto si insinua in mezzo alle file, a pochi, troppo pochi, centimetri di distanza dalle rispettive carrozzerie, e gli sguardi allibiti dei rispettivi conducenti.
    In breve, si lasciano alle spalle l'assembramento di auto per entrare nel centro dell'incrocio a X, affollato di auto che, loro sì, possono circolare liberamente - e velocemente.
    La comparsa di una moto nero notte disinteressata di qualsivoglia regola stradale li prende un po' di sorpresa: alcuni accelerano, altri inchiodano, altri cercando di spostarsi per schivarla.
    Per la moto nero notte, l'attraversamento si risolve in una serie di passaggi radenti, strade tagliate e slalom, contornato da colorite supposizioni sulla forma craniale delle due e sulla virtù delle rispettive madri da parte della gente, fino al raggiungimento del traguardo, il passaggio pedonale dall'altra parte.

    «12ma strada, uno a zero!», dice ridendo e dedicando a quanti erano rimasti indietro un "ciao ciao" con la mano destra.

    Il resto del viaggio è relativamente tranquillo: veloce, ma non eccessivamente spericolato, mentre vengono attraversati i vari abitati popolari grigio topo in vie grigio manto di pantegana per giungere alle strade grigio rat musqué delle ville ricche.

    I muri, e ciò che li sormontano, sono un campionario del pessimo gusto: dai cherubini in jetpack armati fucile rosa a cuoricini alle Veneri scolpite in vesti Versaccio all'ultima moda, senza dimenticare i classici nani di ceramica vintage, stile ancien siécle, c'è tutto.

    Gemito. «Forse avrei poi dovuto tenere le munizioni normali... rimodernare un po' 'ste opere d'arte.»

    Il rettilineo viene tenuto ancora per una manciata di minuti, in cerca de "l'ultima villa, distanziata un po' dalle altre, vicina ad una grossa strada", in un "quartiere enorme".
    Sospira, decelerando e procedendo ora con andatura regolare nel traffico.

    L'orologio sul monitor del computer di bordo titola 9.12 PM, quando il mezzo si accosta ad un marciapiede e rallenta fino a fermarsi. La villa è davanti a loro, dall'altra parte di quella che doveva essere la strada indicata dalla ragazza.
    «Ci siamo», annuncia scendendo e rovistando nell'impermeabile, cavandone poi una lunga e sottile striscia luminosa, che cinge intorno al proprio destriero, facendolo passare attraverso le ruote. Dall'alone rosso iniziale passa ad un bianco-grigio acciaio, quando i due capi si connettono.

    «Okay, a posto. Assicurata.», commenta, aggiungendo poi, con un cenno del capo in direzione del loro obiettivo, «Andiamo?»
     
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  13. Okami
     
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    Shana non era mai salita su una moto. Cioè, ne aveva viste parecchie, grandi, piccole, modificate e non, ma non ci era mai davvero salita sopra ... e poi, non aveva la patente.
    Li trovava mezzi davvero fenomenali -con una fattura elegante ed armoniosa- ma se ne teneva alla larga, perchè in genere erano rumoroso e invisi al suo udito sviluppato più del normale. Per spostarsi, lei preferiva farlo a modo suo, spostandosi ai margini della città, come uno di quei corrieri da contrabbando, attraverso vicoli deserti, passando anche attraverso le fogne se necessario, oppure, quando c'è n'era la possibilità, saltava di tetto in tetto -stando ben attenta a non esagerare, o prima o poi si sarebbe rotta l'osso del collo- e sembrava quasi che volasse.
    In fondo era nella sua natura agire e muoversi con un'attitudine decisamente simile a quella di un animale. E gli ostacoli insormontabili non erano un problema per lei, perchè Mephisto era sempre lì, nel caso avesse bisogno di una mano.
    Nonostante questo, aveva sempre desiderato potere osservare da vicino uno di quei mezzi con le ruote. Ne era passato di tempo da quando era stato creato il primo mezzo a ruote -Shana amava spesso spulciare gli archivi storici nella biblioteca- e da allora l'umanità ne aveva fatta di strada, perfezionando ogni minima cosa ...
    A volte quella ragazza mutante si sentiva un pesce fuor d'acqua, immersa in cose che non poteva capire bene perchè le sue memorie erano offuscate e confuse, e pensava di essere nata nella generazione sbagliata. Ma alla fine, cosa poteva farci? Finchè viveva, doveva lavorare per costruirsi uno stile di vita perlomeno decente che le permettesse di andare avanti, in qualsiasi generazione si trovasse ...
    " Beh, meglio di essere nata nel medioevo ... come minimo mi avrebbero messa al rogo come una strega, in quel postaccio ... " pensò tra se e se, nascondendo una piccola smorfia divertita.
    Si avvicinò alla moto, montandovi sopra un po impacciata, dopo che lo ebbe fatto anche Andrea. Non sapeva bene dove mettere i piedi, ma l'istinto le venne in aiuto e dopo poco Shana aveva capito che esatta postura prendere se voleva evitare di essere sballottolata durante il tragitto come un sacco di patate.
    Strinse leggermente la presa sulla spalla della collega quando sentì il motore accendersi e il mezzo partire rapidamente, attraversando strade e stradine. Shana focalizzava il proprio sguardo su ogni singolo dettaglio dei luoghi che attraversavano ... non si sapeva mai, se magari avessero dovuto fuggire attraverso quel tragitto, stava memorizzando ogni singolo luogo ottimo per nascondersi finchè le acque non si calmavano.
    Il rombo del motore, sommato al rumore del traffico, la confondevano abbastanza, ma la mutante non si permise di distrarsi, osservando con calma circospezione il viavai di pedoni, mezzi, macchine e gente in ritardo che affollavano le strade.
    Quando si fermarono in una zona in cui un semaforo -le sembrava- fosse rosso da almeno dieci minuti, Andrea diede segno di essersi ben presto stufata e, fregandosene altamente delle regole, accelerò superando quella specie di posto di blocco mascherato da strada pubblica ...
    Shana si trattenne dal ridacchiare, ma non riuscì a nascondere un sorrisetto divertito. Quella strana ragazza cominciava ad esserle sempre più simpatica. Ad ogni modo, era contenta che il suo sorriso non fosse stata visto da nessuno.
    Odiava sorridere o mostrare emozioni attraverso l'espressione, la gestualità o lo sguardo. Riteneva aiutasse gli altri a captare le sue emozioni, quindi non lo faceva mai, e un po invidiava la faccia letteralmente "di bronzo" degli automi.
    Continuò a guardarsi intorno, memorizzando quanto più poteva, finchè non si accorse che erano arrivate: una zona residenziale ampia, così ampia che li avrebbero potuto sorgere tantissime case, ma vi erano solo tre grosse ville, decorate riccamente.
    Al commento di Andrea, scosse quasi impercettibilmente la testa, mentre la moto si fermava piano.
    «Uh ... sembra quasi che la gente ricca voglia vivere in spazi grossi e pieni di distrazioni perchè non sopporterebbero di stare a tu per tu con loro stessi.» commentò fissando le case decorate, i giardini interni in cui si intravedevano gazebi, statue e fontanelle raffiguranti cherubini nell'atto di spiccare il volo.
    Scese dalla moto quando questa si fermò del tutto e attese che Andrea la assicurasse per prevenire il suo furto, anche se in quel quartiere era abbastanza improbabile. Quel pensiero la preoccupò un po, e la spinse a guardarsi intorno.
    Non c'erano auto in quella zona, e tanto meno moto. Logico: i riccastri avevano macchine ampie, decorate anche quelle con tutto il possibile e l'immaginabile, e chiaramente pezzi come quelli andavano tenuti come minimo in un garage.
    La moto di Andrea non sarebbe passata inosservata. Certo, nessuno avrebbe potuto preoccuparsi di una moto, ma se Anderson, dopo il furto, non potendo rivolgersi ad autorità, assoldasse a sua volta dei mercenari per cercare il prezioso pendente? La prima cosa che dei mercenari farebbero sarebbe chiedere informazioni ... e l'eventualità che qualcuno, magari anche solo di passaggio, notasse e si ricordasse della moto, era comunque probabile.
    Sospirò leggermente e fissò l'ombra della moto. Mephisto capì, ovviamente.
    Shana vide giusto un guizzo sinistro, nell'ombra della moto, prima che questa sembrasse svanire nel nulla. Si trattenne per non sorridere. Illusione perfetta. Nessuno avrebbe potuto vedere quella moto, ma era pur sempre un'illusione ... Shana sperava che nessuno si avvicinasse troppo a quella zona. Ad ogni modo, Mephisto poteva creare illusioni decenti solo temporaneamente ... ed erano decenti solo se l'oggetto da rendere invisibile era inanimato e non si muoveva ... ad ogni modo, Shana sperava di finire il lavoro prima che l'illusione scemasse.
    «Possiamo andare.» sussurrò leggermente, con sguardo ora più serio.
    Fissava la grande villa dinnanzi a lei. Forse avrebbero potuto infiltrarsi senza dover badare a telecamere o sentinelle se passavano per le fogne, ma Andrea non le sembrava il tipo che scendeva nelle fogne. No, probabilmente il suo stile era di mettere ko tutto l possibile, così poteva avere via libera anche dopo.
    «Bah, questo luogo è troppo tranquillo, per i miei gusti. Ad ogni modo ... inizio a mandare in tilt quelle telecamere?» chiese, sempre seria.
    Se è vero che Anderson era altrove, dovevano sbrigarsi a setacciare casa sua prima che tornasse ...
     
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  14. Mind Flow
     
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    CITAZIONE
    «Uh ... sembra quasi che la gente ricca voglia vivere in spazi grossi e pieni di distrazioni perchè non sopporterebbero di stare a tu per tu con loro stessi.»

    «Huh. Altro che ladra, dovevi fare la filosofa», dice sorridendo e scuotendo lievemente il capo.

    Vedendosi scomparire la moto davanti, invece, aggrotta le sopracciglia e fissa prima lei, poi il punto dove aveva appena parcheggiato e di nuovo lei.
    «Carino», commenta poco dopo, annuendo. «Mi piace. Dopo me lo insegni», aggiunge lanciandole uno sguardo divertito e voltandole le spalle. Incrocia le braccia, inspira profondamente e squadra l'obiettivo.

    Le mura perimetrali sono alte, ma non sono particolarmente spesse, eccezion fatta per i pilastri agli angoli ed i bassi, massicci basamenti di marmo bianco che percorrono i lati e sostengono le recinzioni metalliche, ingegnosamente sagomate e dipinte fino a dare l'illusione di una griglia in legno, coperta d'edera e bizzarri fiori azzurrognoli dal vivido alone luminoso. I varchi sono fin troppo stretti per una persona, ma sufficientemente larghi da consentire un'ottima visuale panoramica del giardino della villa.
    Alcune telecamere sormontano poi quegli stessi pilastri angolari, ruotando lentamente il loro occhio artificiale a 270°. Pare che ignorino l'interno.
    Sul lato frontale campeggiano i cancelli, posizionati precisamente nel punto medio del lato affinché diano immediatamente - e teatralmente - sulla stradicciola lastricata di lisci pannelli terracotta e costeggiata simmetricamente da numerosi alberi di altrettante differenti tipologie, non esclusi esemplari esterni all'America: la griglia è assente, ma i fiori rampicanti si sono insinuati ugualmente sul ferro grigio scuro delle picche verticali, punta rivolta al cielo ed aste fittamente poste le une vicino alle altre, sorrette da una fascia orizzontale similmente decorata. Il sentiero parrebbe partire dal lato sinistro dell'edificio, dove una freccia di piastrelle bianche indica la direzione opposta al muro.
    Oltre ai cancelli, agli angoli inferiori del perimetro e poco lontani dalle mura, i due improponibili obelischi a piramide triangolare, incisi perché rappresentino scene famose di fumetti. Qua e là si riconoscono chiaramente Paperino ed Archimede, ma talvolta affiorano altri personaggi attraverso la ruvida roccia bianca, che contrasta vivacemente col verde dell'erba circostante; le loro basi, inoltre, sono leggermente più ampie degli obelischi stessi e sembrerebbero anch'esse incise con delle scritte, troppo lontane e piccole per essere lette da occhio umano.
    La villa in sé, definibile come una versione in scala del Big Ben, dà la sua mole bruna e terra bruciata, le finiture dorate - ed il vistosissimo orologio monumentale, funzionante e dotato del contrassegno del proprietario, M.A. - sulla strada e sul giardino, torreggiandovi cone un gigante e scrutandola continuamente dall'alto dei suoi livelli e pannelli riflettenti nella vetrata dell'orologio.
    Dalla sua postazione, nessuna entrata visibile per visitatori, ospiti ed umani in genere.

    Comunica rapidamente i risultati dell'analisi superficiale alla ragazza e si volta di profilo.
    La sua espressione è neutra.
    «Vado a vedere dietro, un'entrata deve esserci. Lascia stare le telecamere, prima di fare sparire monitor dalla sicurezza mi voglio accertare che non ci sia qualche modo per evitarlo. Se vuoi venire...»

    Lascia la frase in sospeso, rimanendo a guardarla per qualche momento prima di girarsi, andare verso il passaggio pedonale ed attraversarlo.
     
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